Mi chiamo Diana e sono UN’ALLESTITRICE!
Mi chiamo Diana e sono UN’ALLESTITRICE!
Sì, SONO e non faccio, perché questo non è un lavoro. Questa è una PASSIONE, che ti entra dentro e diventa te.
Questo è un MESTIERE nel senso bello della parola: un’arte che nessuno ti può insegnare.
La impari alla scuola della fiera.
Queste fiere chiuse da un anno che ci fanno sanguinare l’anima (oltre al portafoglio).
Sono allestitrice dal 1989: 32 anni.
Quando iniziai eravamo pochissime donne in questo mondo di ragazzacci.
Non avevamo un nome e un cognome, eravamo la Merydiallexpo, la Dianadimeetingpacket, la Katiadifontemaggi, la Manudiarredostand, la Monicadiprostand.
Proprio così, tutto di seguito.
E ad ogni montaggio dovevamo combattere per dimostrare le nostre competenze ai ragazzacci che montavano, perplessi nel doversi confrontare con delle donne a livello tecnico.
Facevamo un po’ le dive per le corsie tra le squadre di montatori che fermavano gli avvitatori al nostro passaggio… Magari lo facessero ancora!
Abbiamo aperto la strada: ora siamo tante.
Le allestitrici
Noi siamo quelle che…
- ci confrontiamo giornalmente coi nostri clienti per intuire le loro aspettative e tradurle in progetti;
- la manicure la mandiamo a benedire se c’è da “ravanare nel rusgo” (traduzione: frugare nell’immondizia) alla ricerca di quel pezzo di moquette che ci manca, il pezzettino di legno che non c’è;
- facciamo km tra i padiglioni per portare il faro che manca da uno stand all’altro perché i “ragazzi” non devono fermarsi, o scrutando i bancali perché ci serve un pezzetto di angolare e che nonostante le vertigini saliamo sul cestello a 6 metri per vedere se la sospensione è a posto;
- ci incrociamo sul piazzale di corsa, una con un appendiabiti, l’altra con un faro a braccio e troviamo comunque due minuti per una chiacchiera su come ci vanno le cose a casa, scrutando il cartellino per capire la data di nascita… sempre donne siamo!
- non hanno paura di andare di notte nel piazzale di Schenker o nei depositi della fiera di Colonia a cercare la cassa piena che si son portati via per sbaglio;
- ce ne stiamo sedute su una pila di bancali a guardare la vernice che si asciuga, sconsolate perché siamo in ritardo;
- abbiamo progettato, venduto e curato lo stand, e per questo il giorno prima della consegna non temiamo di metterci al lavoro spellicolando gli adesivi, facendo i ritocchini, mettendo giù i fiori nelle fioriere piene di rusgo (sempre immondizia);
- anche se abbiam fatto notte in fiera, il mattino sostituiamo le antinfortunistiche col tacco e ci trovi pettinate, truccate, e vestite di tutto punto ad accogliere il cliente, sorridendo immobili in quel punto dello stand dove sappiamo esserci una piccola magagna.
E continuiamo ad ispirare tranquillità anche quando una pila di lastre di vetro ci si sfracella sulla schiena, e mentre sentiamo il sangue scorrere dietro, sorridendo diciamo al cliente : “Non è nulla, ora chiamo i ragazzi”.
Noi siamo quelle che ora sognano il momento di tornare a respirare l’odore dello stucco di prima mattina.
Per questo ora, stringendo i denti, cerchiamo di reinventarci come solo le donne sanno fare.
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