Nostalghia
Nostalghia. No, non è un errore di ortografia.
Abbiamo passato l’autunno, sopravvivendo, tra un DPCM e l’altro, con una serie di fiere prima ibride e poi totalmente (e forzatamente) digitali, Cibus connect, Marmomac Restart, Eima, Sana, Ecomondo & Key Energy, Wine2Wine, B/Open, per dirne solo alcune, ma quando volgo il mio sguardo al mondo fieristico, non riesco a non pensarci: è Nostalghia, alla sovietica.
Sarà il mio passato di vita in Russia che me lo fa decifrare come tale, non so, pero’ è questo che sento: un intenso desiderio di ritorno al passato che accomuna organizzatori e operatori, espositori e buyers.
E’ voglia di tornare alle fiere “normali”, quelle fisiche.
Quelle fatiche con picchi di lavoro e di adrenalina fino a tarda sera, quella vigilia prima che accada il miracolo, quello che hai preparato per molti mesi ma tutte le volte ti sembra irraggiungibile e poi, come per magia, alla mattina alle 9.30 si apre la fiera, gli espositori sono pronti con gli ultimissimi ritocchi al proprio stand, i visitatori premono alle porte e sciamano lungo i corridoi, e inizia quel meraviglioso brusio, quel camminare frenetico, quel parlare, salutare, discutere; i decibel aumentano.
È iniziata la fiera.
Ci manca il gossip tra i corridoi, le serate con i clienti, quell’incontrare, parlare, conoscere, dibattere dove ti senti a casa, perché da anni ci vai, o la organizzi, o ne sei protagonista, e incontri il tuo mondo, incontri persone.
Ci siamo aggrappati al digitale come ancora di salvezza, quasi un surrogato delle fiere fisiche, con l’illusione che sia solo una modalità temporanea, visto i sempre più frequenti annunci del vaccino in arrivo; alla fine, tutti speriamo nel ritorno alla normalità.
Non è vero, togliamocelo dalla testa.
Non si tornerà a fare le fiere fisiche come se nulla fosse successo.
Dal punto di vista sanitario, in primis, abbiamo davanti un lungo periodo in cui il mondo, pur dotandosi di vaccini, non sarà un luogo 100% sicuro, e avremo sempre il timore di focolai qui e là, di intere popolazioni, o fasce di popolazioni, non vaccinate, di luoghi in cui o da cui non si potrà viaggiare.
E la fiera è un luogo di aggregazione.
L’impatto economico del Covid, con debiti accumulati da tutti gli stati, peserà sull’economia globale per molti anni a venire e, secondo gli analisti, per la ripresa ai ritmi anche solo del 2019, si parla di 2023-2024.
Quindi no, niente ritorno alle fiere fisiche come ce le ricordiamo.
Eventi virtuali: diavolo o acqua santa?
Niente surrogati di fiere-rifugio virtuali o, anche peggio, scimmiottamenti della fiera fisica come a voler a tutti costi restituire l’essenza stessa di una esperienza reale.
Diciamolo ai nostri clienti che le fiere virtuali NON restituiscono i risultati di una fiera fisica, che NON se lo devono aspettare (e diciamoci francamente che neanche noi organizzatori ce lo aspettiamo, e men che meno ci aspettiamo pari livelli di fatturati).
Usiamole, invece, le modalità digitali, per quello che ci possono dare; ad esempio per tenere viva la community intorno alle nostre fiere, creando cultura, scambio di informazioni e saperi, momenti di relazioni dove espositori e visitatori agiscono da protagonisti per ora, e solo per ora, virtuali.
Cavalchiamo l’accelerazione globale che sta avendo l’e-learning e l’engagement attraverso webinars e summit che andranno ad integrare la fiera fisica non appena ne sarà possibile il ritorno.
Diffondiamo la cultura della sicurezza in fiera e dei comportamenti da adottare affinchè l’esperienza fisica ci faccia sentire tutti fiduciosi di tornare a riempire padiglioni e stand.
Rendiamo aperte 365 giorni all’anno le nostre fiere nel virtuale, e contemporaneamente lavoriamo per restituire alla parte fisica la sua dimensione, il suo essere così umanamente imprevedibile, necessariamente volubile come i suoi protagonisti, imperfetta ma così reale.
GianPaola Pedretti | gianpaola@fairlyfair.it
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