Oltre il funnel marketing
Come sfruttare i dati per rafforzare le fiere post-Covid 19
di Mark Parsons, Managing Director di Events Intelligence & Paul Dominguez, Fondatore di tamedMedia
La digitalizzazione degli eventi ha creato nuovi flussi di dati che possono essere utilizzati per approfondire l’engagement e indirizzare la crescita futura se utilizzati oltre il funnel marketing tradizionale.
Mentre gestiamo varie forme di lockdown e valutiamo i nuovi scenari, molte cose sono cambiate, incluso il nostro modo di pensare.
Mentre molti di noi sperano di tornare presto in ufficio, ci dobbiamo rendere conto che mesi di lavoro da casa hanno condizionato il nostro modo di rapportarci al lavoro di gruppo.
Essere stati costretti a lavorare da remoto utilizzando la tecnologia come facilitatore ci ha mostrato che non è necessario essere tutti nello stesso posto per tutto il tempo.
Quando rientreremo nei nostri uffici, è molto probabile che le nostre esperienze recenti renderanno più semplice operare da remoto ed ottenere più flessibilità sul lavoro.
Ma perché fermarci a modificare soltanto il modo di pensare a dove e come lavoriamo?
Come industry, il marketing delle fiere non si è evoluto molto nell’ultima decade, ma la tecnologia invece lo ha fatto.
In poche parole, l’organizzatore medio fa due cose. Passa nove mesi a creare e mettere in pratica progetti per convincere potenziali espositori che la loro fiera è “l’unica” in cui esporre; dopodiché impiega gli ultimi 2-3 mesi a buttarsi freneticamente sul mercato per “guadagnarsi la preferenza” e offrire un pubblico agli espositori.
Tuttavia, la crisi ha portato cambiamenti.
Per rimanere adeguati, molti nella nostra industry hanno abbracciato iniziative esclusivamente digitali.
I dati di Events Intelligence mostrano che su un panel di 230 fiere del Regno Unito, il 32% ha annunciato nuove iniziative digitali negli ultimi 3 mesi.
Queste nuove iniziative ed eventi digitali generano una grande quantità di nuovi dati di interazione.
Per un organizzatore esperto ciò rappresenta un’opportunità di consolidare le fiere di questo o del prossimo anno, e per molti anni a venire.
E’ probabile che queste iniziative digitali non rimangano solo una soluzione a breve termine.
Un recente sondaggio di SmartXpo ha mostrato che oltre il 75% degli intervistati pensa che le proprie fiere saranno soggette a grandi limitazioni fino al Q2 del 2021.
Nel bene o nel male, dovremo tutti “diventare digitali” per rimanere sul pezzo.
Se l’unica cosa che hai da vendere sono metri quadri e la promessa che i visitatori si presenteranno, i prossimi 12 mesi saranno molto complicati.
Dal punto di vista di un marketer, il tradizionale ritmo di una fiera è cambiato: il marketing non ha più soltanto il compito di creare il contenitore di valore per gli espositori e “guadagnarsi la preferenza” dei visitatori. Il marketing fieristico è diventato una danza molto più complessa di touch points, profilazione e nutrimento dei contatti. Identifichiamo tre temi per raggiungere questo obiettivo sfidante.
Rendere il digitale un’arma
Il digitale è un mezzo interattivo e misurabile.
Gli utenti che interagiscono con specifici contenuti o decidono di cliccare su un link in un’email dichiarano il loro interesse.
Gli eventi digitali forniscono insight molto più ricchi sugli utenti, perché gli utenti interagiscono con i contenuti più al lungo. Questi insight possono essere passivi (valutare cosa hanno guardato, quali aziende e prodotti risultano di interesse, ecc.) ma anche attivi (come gli utenti rispondono ad un sondaggio, quali domande pongono, quali documenti scaricano, ecc.).
I contenuti possono essere “resi un’arma” aiutando a raccogliere dati che possono poi essere utilizzati per raggruppare gli utenti in specifiche aree di interesse.
I contenuti possono essere modellati per aiutare a scoprire vari interessi. Quando progettate un sondaggio per un evento virtuale, pensate se c’è quella “domanda in più” che potrebbe aiutarvi a comprendere meglio i bisogni dei partecipanti.
Sondaggi e questionari posso essere impiegati anche per raccogliere i dati relativi alle intenzioni di acquisto, aiutando gli organizzatori a comprendere il livello d’interesse per specifici prodotti.
Incollare i dati
Per estrarre davvero valore, i dati necessitano di essere “incollati” insieme in modo da essere interrogati.
Ci sono dati su visitatori ed espositori da sistemi CRM, dati da siti internet, piattaforme di newsletter, content marketing, eventi digitali e sistemi di registrazione. Essi si trovano di solito su varie piattaforme distinte.
Mentre i grandi organizzatori spendono centinaia di migliaia (e a volte milioni) di euro ad integrare sistemi in CRM complessi come Salesforce, la realtà è che collegare i dati fra loro ed interrogarli non è né troppo difficile neppure costoso.
Uno può costruire una datawarehouse o usare un prodotto esistente.
Si possono usare molti database online e strumenti analitici forniti da piattaforme cloud di calcolo come quelle offerte da Amazon, Microsoft o Google.
C’è poco valore nei dati di per sé; il valore per gli organizzatori di eventi deriva dall’abilità di interrogare i dati da più fonti per scoprire aree di interesse.
Si dovrebbe cercare di costruire un “laboratorio dati” che consenta di esplorare rapidamente diverse fonti per identificare aggregazioni di interessi simili: ciò che ci piace chiamare “gruppi di interesse”.
Utilizzare gli interessi per personalizzare e superare le aspettative
Le fiere riuniscono grandi gruppi di chi vuole vendere e chi vuole comprare. Prima del Covid-19, tanti organizzatori non avevano molte informazioni sugli interessi dei loro visitatori o dei loro espositori.
Dopo il Covid-19, quegli organizzatori che possono costruire una strategia di contenuti ed eventi digitali basati sui dati, saranno in grado di segmentare efficacemente gli utenti e generare valore tangibile da e per vari gruppi di interesse.
Per un classico evento di 10.000 visitatori e 500 espositori, essere in grado di separarli in piccoli gruppi di 100 o 200 individui che hanno interessi specifici e accomunabili, ha un valore significativo per l’organizzatore, per i suoi espositori ed i suoi visitatori.
I team sales possono utilizzare gli insight sui gruppi di interesse per vendere una proposta di valore di un evento più rilevante per specifici espositori e per fare upselling nel pre-show a quei visitatori potenziali che sono molto interessati ad un argomento specifico.
La partecipazione può essere migliorata attraverso la personalizzazione dei messaggi di marketing focalizzandosi sugli interessi espressi dall’utente. In modo più creativo, possono essere identificati gli ‘influencer’ all’interno della vostra audience e sfruttati per ottenere una maggiore portata di marketing per l’evento.
Il matchmaking può essere migliorato significativamente combinando elenchi targettizzati degli espositori con le informazioni sugli interessi dei visitatori.
Un ulteriore livello si ottiene con l’aggiunta di nuovi dati riguardanti la somiglianza tra aziende, dati messi a disposizione da fornitori di dati come Events Intelligence.
Quindi cosa vuol dire tutto questo per il funnel marketing?
Poiché il lavoro a distanza continuerà in futuro, è probabile che partecipare ad un mix di eventi digitali e live diventerà la norma, ora che il motore è acceso.
Da una prospettiva di marketing, questo crea una relazione più ricca e continuativa con la nostra community di visitatori ed espositori.
I dati derivanti da queste interazioni trasformano il funnel marketing tradizionale in una macchina complessa che segmenta gli utenti in gruppi di interesse.
I dati sono spesso descritti come il nuovo petrolio.
Per sfruttarli e creare vero valor-aggiunto gli organizzatori del futuro devono costruire le raffinerie!
Mark Parsons e’ il Managing Director di Events Intelligence, una start-up di ‘big data’ che utilizza l’apprendimento automatico (machine learning) per trovare nuovi espositori simili. Negli ultimi cinque anni ha supportato i team di Strategia e di M&A presso i principali organizzatori utilizzando tattiche di deal origination guidate dai dati.
In precedenza era M&A Principal presso UBM, mentre l’azienda implementava la strategia “Events First”. Prima di UBM ha lavorato a lungo nel settore TMT come consulente professionale, da ultimo come direttore nella pratica di Transaction Advisory di EY. È dottore commercialista, ha conseguito un Executive MBA presso la London Business School e un Master in Data Science and Business Analytics presso la NYU Stern.
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