Cosa ci dicono oltre 2600 espositori pronti a esporre, nonostante tutto?

Cosa ci dicono oltre 2600 espositori pronti a esporre, nonostante tutto?

Il dpcm di domenica 25 ottobre ha interrotto lo svolgimento di tutte le fiere in Italia, e nelle giornate successive è stato seguito da provvedimenti ancora più stringenti in Francia e Germania che hanno sancito la fine di tutte le manifestazioni e i congressi professionali in tutta l’Europa, per un tempo indeterminato.

Qui non si vuole entrare nel merito di un provvedimento che, solo alcuni giorni dopo, appare già datato nel tempo e forse presto sarà sostituito da decisioni ancor più dure che ci riporteranno ai momenti più duri di isolamento già vissuti, quanto piuttosto ragionare sui numeri che erano sospesi attorno alla prossima realizzazione di fiere, ancora una settimana fa.

Ragionando soltanto con gli appuntamenti principali, già in fase di allestimento o tracciatura nei quartieri fieristici di Rimini, Parma, Verona, Modena grazie al via libera del dpcm della settimana precedente, se solo si vanno a sommare gli espositori confermati a MecSpe (1350), Ecomondo e Key Energy Expo (700), Fiera Cavalli (300), Skipass (250) si raggiunge un dato aggregato di oltre 2600 espositori pronti a esporre (questi i dati dichiarati o in nostro possesso).

Parliamo di tipologia di eventi, di merceologico e tipologia di pubblico e internazionalità molto diversi tra loro.

Eppure, c’era questo numero enorme di realtà aziendali, quasi esclusivamente italiane, pronte a inaugurare le rispettive rassegne

Cosa ci dice questo dato incredibile? Secondo me, un pò di elementi di lettura ci sono.

Prima di tutto, l’insostituibilità di questo strumento. Viene testimoniato in modo inconfutabile come la fiera nei diversi settori non fosse un orpello, una settimana di svago o un modo per soddisfare l’ipertrofismo di amministratori delegati o proprietari.

Se così tante realtà, spesso pmi di ridotte dimensioni, erano comunque disposte ad esserci pur sapendo che il pubblico e le condizioni generali sarebbero state dimesse, è perché sanno che esporre è essenziale.

Non dimentichiamocelo, quando le cose torneranno ad andare bene.

Poi, che occorre essere pronti con tutti gli strumenti disponibili: con questo repentino cambio di direzione chi aveva piattaforme calibrate e pronte all’uso ha potuto potenziarle e dichiarare che i saloni passano al digitale al 100%, mentre gli altri no.

Certo, non tutte le manifestazioni hanno il medesimo grado di declinazione digitale, ma questo percorso, che vuol dire per chi progetta e dirige una fiera guidare il proprio ecosistema verso la nuova realtà, è ineludibile. Il termine ibrido ci farà compagnia a lungo, e dovremo fare pace con questo aspetto.

Infine, il malessere nel pensare a tutta la catena di fornitura e di professionalità che rende le fiere (ma anche i congressi, gli eventi di piazza e molte altre cose) quei fasci di luce ed energia durante i giorni di svolgimento: dagli allestitori fino alle società di catering, dalle hostess ai fioristi e chissà quante altre realtà dimentico di citare.

Il rischio di perderli definitivamente è troppo alto e che il mondo fieristico non può permettersi. Almeno stavolta una loro protesta è arrivata alle cronache nazionali, il bisogno di mappare tutte queste professionalità si avverte come urgente. 

Ora purtroppo si apre una lunga fase di lunga attesa, prima di rivedere fiere in presenza.


Emanuele Vicentini | emanuele@fairlyfair.it

Questo articolo ti è piaciuto? Continuiamo a discuterne su Linkedin!

Share via
Copy link
Powered by Social Snap