Trovare quello che non si sta cercando

La fiera soddisfa il bisogno di trovare quello che non stai cercando.

Alcune impressioni dopo Marmomac digital e il Salone Nautico di Genova che, in forme diverse ma sempre come “user experience” personale, ho frequentato digitalmente e fisicamente la scorsa settimana.

Purtroppo, saranno righe di pochi o nessun numero, e molti feeelings.

E’ chiaro: c’è una grande incertezza ci stravolge, ci blocca, ci complica il quotidiano e la programmazione. Ma la stessa incertezza, in misura ridotta, ci attira.

E’ la natura umana: l’ignoto o l’imponderabile, l’imprevisto sono ciò che andiamo cercando, quotidianamente e le più raffinate strategie di business e pianificazione aziendale tengono sempre conto che una quota sensibile di “drift”, di scarrocciamento, sono dipendenti da decisioni imponderabili, perché a questo risponde la natura umana.

Venendo alle nostre amate fiere, nell’hannus horribilis 2020, sono sotto la trasformazione di esperimenti digitali ed ibridi, i quali ci portano come dicevamo qualche giorno fa su un terreno nuovo, sconosciuto, un po’ affascinante e un po’ pericoloso  ma anche inevitabile adesso, unica via per tenere attorno a sé l’ecosistema che si serve.

Con lo spostamento verso il digitale, i marketers accendono gli special e cominciano a sorridere perché là, in quel terreno, tutto è davvero misurabile, quindi giudicabile e parametrabile rispetto a ogni altra azione di promozione, spesa, investimento.

Al contempo gli espositori grazie al “Covid manager” entrato di prepotenza negli organigrammi, diventano d’un colpo decisioniste  e via a rinnovamenti di sito web, germogliazione di video sui canali social, proliferazione di dirette e webinar video e newsletters dai contenuti più innovativi, creazione di showroom virtuali e canali di incontri b2b.

Tutte azioni misurabili: questa funziona, questa va corretta, quella via.

La fiera come l’abbiamo conosciuta fino a marzo 2020 no, lei ha sì una sua misurabilità ma al contempo porta anche a relazionarsi con sé stessi e farsi domande, accendere l’amigdala e pensare che è il momento di non pensare più, e invece immaginare: dopo gli appuntamenti di giornata, respirare il clima di quell’evento (che significa respirare il clima di quell’industria) e quindi, trovare quel che non si sta cercando, sia esso un nuovo prodotto, una nuova idea, un ex collega che non si vedeva da anni, una soluzione di allestimento innovativa, origliare uno scambio di pareri al bar del padiglione, osservare le tecniche di engagement di quella hostess e chissà cos’altro ancora.

Nel giorno in cui si conclude il nostro primo sondaggio sul canale linkedin di Fairlyfair, è emblematico come i voti si siano perfettamente divisi tra chi, in una esperienza digitale di fiera, desideri una completa virtualizzazione del salone con un modello a catalogo “tipo Amazon”, per voler semplificare, e chi vorrebbe una digitalizzazione dell’esperienza fisica dell’evento ritrovando, in qualche modo, un’area di esposizione, uno stand in 3D, prodotti da visualizzare che magari ruotano e altre cose simili.

Si ricerca un tempo morto tra un incontro e l’altro, una camminata virtuale per rimettere in squadra i pensieri e, in fondo, si spera di trovare quel che non si stava cercando, la serendipità appunto.

Al Salone Nautico ho incontrato un amico con cui avevamo condiviso una vacanza anni fa, intento a studiare alcune barche a vela per un prossimo acquisto, e siamo finiti a condividere pareri in modo completamente inaspettato.

Questa funzione intrinseca penso sarà sempre l’essenza del mondo fieristico, e forse tra le prime motivazioni che muove anche espositori e visitatori a prendervi parte.

Che ne pensate?


Maurizio Grosso

Responsabile Tecnico Commerciale Salone Nautico di Genova

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