Protocolli, e poi l’analisi transnazionale applicata alle fiere

Il percorso di complessità e incertezze per l’industria delle fiere prosegue, e non potrebbe essere altrimenti. Però ora c’è un Protocollo di indirizzo, che mira a dettare le linee guida per mettere a sicurezza i quartieri fieristici italiani in vista di una “fase 3” del nostro settore: la riapertura vera e propria, non virtuale, delle rassegne fieristiche.

Il punto è dibattuto, naturalmente: ci sono grandi rassegne che hanno già rinviato al 2021, altre che hanno posticipato e poi inevitabilmente rinviato, altri ancora che ci provano, diciamo così, armati certamente di coraggio. Devo dire che riempie il cuore leggere comunicati stampa come questo di VeroneFiere dove si annuncia l’auspicata “fase 3” del comparto, con 21 manifestazione nel secondo semestre 2020, in Italia e all’estero. Ma cose analoghe accadono a Milano, Bologna, Rimini, Parma, Genova.

Simo tuti curiosi di andare a vedere questa “seconda prima volta”, la riapertura di grandi manifestazioni dopo lunghi mesi di chiusura e incertezza. Certo, già ci aspettiamo che saranno piuttosto diverse da quelle che conoscevamo, con corridoi più ampi, probabilmente con orari più lunghi, certamente meno buyers specialmente da fuori Europa e un senso di incertezza ancora latente. C’è un protocollo per la messa in sicurezza dei quartieri fieristici, ma ancora niente è stabilito circa l’utilizzo e i limiti degli stand: quanti operatori in contemporanea potranno ospitare? Con che frequenza andranno sanificati? Questi e altri dubbi tolgono il sonno ai progettisti di un settore, quello degli Allestitori Fieristici, tra i più colpiti in assoluto da questo fenomeno pandemico che ci ha così cambiati e limitati. Ma ripartiranno, anche loro ripartiranno (e ritengo vadano supportati quanto più possibile).

Vorrei farvi una domanda interessata: quanti di voi hanno cadenzato le loro giornate con webinar, dirette, presentazioni virtuali? Quanti hanno scaricato sul pc o cellulare tra le 8 e le 12 applicazioni per assistere al prossimo imperdibile appuntamento? Beh io sono tra questi, ho pure provato l’ebrezza di essere dall’altra parte dello schermo e parlare a una platea di ascoltatori virtuali, discutere con altri ospiti con le domande preparate due ore prima e la scaletta degli interventi programmata puntigliosamente. Insomma, va davvero tutta la mia ammirazione a coloro, come il Cosmoprof per dire di una rassegna enorme che ha lavorato davvero nell’emergenza più piena, che hanno legato insieme N piattaforme per generare un evento virtuale e lavorare anche di branding per promuoverlo… ma personalmente non vedo l’ora di tornare alle giornate di fiera che conosciamo: sudate, frettolose, piene di inaspettato e di biglietti da visita in tasca.

Nota a margine: ho navigato nella piattaforma WeCosmoprof e l’ho trovato uno sforzo davvero straordinario, compiuto in un tempo brevissimo, ma ammetto che al contempo l’ho trovato difficoltoso nella ricerca. Ma come si fa a realizzare qualcosa di davvero soddisfacente in poche settimane?

Per me impossibile, ci rinunciano anche grandi brand fieristici tedeschi… nota a margine: per chi ha visto il prodotto virtuale di IMA Sensing Future Days, lo ritengo forse il tentativo più centrato e ispirato di “virtualizzazione di visita”, e arriva da una (grande) azienda privata. It’s a long way to go..

Il valore dell’incontro, se ci fosse bisogno di una controprova, è stato evidenziato in modo clamoroso da questa fase di forzata distanza. Certo, alcuni lasciti saranno utili per ridisegnare gli eventi del futuro che potranno trarre tutti i vantaggi della ibridazione, ma l’idea che lavorare da casa, peggio incontrarsi da casa, sia smart working, non mi convincerà mai. Ma è il mio parere e vorrei davvero conoscere il vostro!

E da qui mi è uscita una sinapsi con l’analisi transnazionale. Riducendo all’estremo il discorso, nella teoria di Berne si ipotizza che l’io sia formato da tre strutture: genitore, adulto e bambino e che la fitta rete di relazioni che alimentiamo quotidianamente veda la continua sostituzione dei ruoli, a seconda delle occasioni, degli scopi e dell’istinto. Non trovate che lo stesso possa essere analogamente riprodotto nell’ecosistema delle fiere nella misura in cui le si osserva da espositore, visitatore, organizzatore? E’ un dialogo continuo tra le tre parti dove però le domande e le risposte differiscono completamente modificando il ruolo.

Ma tutti e tre sono fondanti, necessari, complementari. Questo ecosistema è ciò di cui abbiamo bisogno.

Vabbé, forse sono andato troppo oltre …


Maurizio Grosso

Responsabile Tecnico Commerciale Salone Nautico di Genova

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