Calendari, (non) eventi di massa, cogenerazione

Ci sono stagioni fitte di rassegne fieristiche e altre che ospitano solo qualche appuntamento.

La primavera appartiene decisamente al primo gruppo e in questi giorni si leggono numerosi commenti a “ricordo” di inaugurazioni, appuntamenti che erano un must sul calendario, e che ora sono inevitabilmente slittati, annullati o altro ancora. Ma occorre andare avanti e lo sforzo adesso è provare a concepire qualcosa di alternativo, sostitutivo.

La realtà è che si procedere per tentativi successivi,. Facendo domande, approfondendo, cercando di comprendere bisogni e tecnologie.

Gli organizzatori, ma anche gli espositori, sono passati dal momento dello choc, poi alla presa di coscienza, quindi alla fase in cui pensare cosa poter mettere in campo, come cominciare a riflettere sulle alternative, vista la situazione che si è venuta a creare a causa del Coronavirus. E così sono cominciati a fioccare progetti, riflessioni, studi che – gioco forza – fanno perno sul digitale, su piattaforme in rete che possano permettere interazioni, comunità e al contempo sicurezza e distanza. Un esercizio tutt’altro che facile. Ma possono eventi di natura virtuale, pensare di sostituire in modo totale iniziative che fanno della relazione, del contatto sociale la loro ragione d’essere?

La ritengo una domanda fondamentale in questa fase, una domanda che travalica il campo fieristico e che diviene materia di analisi nelle attività quotidiane di tutti noi, che abbiamo assistito alla loro interruzione e ora proviamo a sperimentare alternative. Vale per un museo che visito utilizzando il mio laptop, un concerto che guardo sempre attraverso lo schermo, o la visita virtuale ad un concessionario di auto per un prossimo acquisto. Può la “Zoom economy” essere definitiva?

Ragionando poi sulle nostre interazioni, può una riunione virtuale sostituire in modo definitivo una riunione attorno a un tavolo? O un aperitivo con gli amici su Zoom sostituire quello al bar? Io credo che la domanda da porsi sia analoga, visto che in tutte queste circostanze parliamo di relazioni, (professionali o private che siano) tra esseri umani. E allora, cosa ci rispondiamo? E’ facile asserire che “finalmente potremo evitare di fare tutti questi viaggi, adesso che tutti hanno imparato a utilizzare le chat online”, ma la sensazione, il feeling che ne ricaviamo, è lo stesso? E’ perfettamente assimilabile?

Ha qui forse senso ritirare fuori qualcosa di molto antico, ma ora di nuovo attuale, la comunicazione non verbale e la regola di Mehrabian. Quella che asserisce che la comunicazione verbale “conta” solo per il 7% della comunicazione, quella paraverbale per il 38% e infine quella non verbale per il 55%. Ebbene, con una breve analisi comprendiamo che, se mediata dalle piattaforme online, solo la prima resta più o meno intatta, mentre riguardo a tono o volume perdiamo molte informazioni, per non parlare di postura, prossemica, sguardo di cui perdiamo quasi tutto, durante una chiamata con Zoom, Skype, Hangouts e altri devices.

E quindi? Quindi, personalmente ritengo che durante questo grande “esperimento sociale” tutti noi stiamo dando nuovo valore alle relazioni dirette, che coinvolgano i nostri cinque sensi e la nostra capacità percettiva, e vorremo ritornarci non appena sarà possibile.

La Germania, paese leader nel mondo per numero e dimensione di fiere e quartieri fieristici, detta la linea e decreta che non possono essere equiparati agli “eventi di massa” (concerti, manifestazioni sportive o di piazza), varando in pratica un primo tentativo di normare la nuova fase. Controlli agli accessi, distanze, dispositivi di protezione potranno consentire – forse – lo svolgimento di manifestazioni anche importanti a partire dall’estate e questo, in assenza di un quadro normativo e di protocolli a livello europeo, costituisce un primo fronte di azione cui necessariamente gli altri paesi dovranno confrontarsi, compresa l’Italia in cui ad oggi siamo ancora solamente nel campo delle ipotesi. Ma certamente, saranno eventi di scala nazionale, vista la condizione di confini pressoché chiusi che gli stati hanno imposto ora.

Volendo gettare uno sguardo in avanti, cosa saranno gli eventi fieristici al termine dell’ondata pandemica che stiamo attraversando? Davvero difficile rispondere a questo, però certamente assisteremo ad un “salto in avanti”, alla gemmazione di nuovi prodotti che avranno un dialogo con le rispettive industrie di riferimento molto più fitto e continuo.

In uno dei webinar, anzi ormai cicli di webinar, più interessanti a cui ho assistito in questo periodo, quelli curati da GRS Explori “Expo Network” Enrico Gallorini ha trovato ritengo la traiettoria migliore per ipotizzare i mesi che ci aspettano, noi professionisti degli eventi fieristici e non solo, insieme alla rete degli espositori che ne costituiscono l’ossatura. Enrico è partito dicendo che ora le fiere vivono in un ambiente di coopetition (cooperation + competition) ma dovranno virare verso una visione più inclusiva, domandarsi di più circa quali siano i bisogni dei clienti, divenendo parte integrante dell’ecosistema.

E per essere parte costante di un’ecosistema non potranno prendere vita per una settimana all’anno, o ogni due anni. Dovranno essere mappati gli obiettivi intermedi degli espositori, e trovati strumenti per fornire risposte a queste domande delle imprese, che non sono soltanto le leads per nuove attività commerciali, ma una costellazione di bisogni.

Di più: nel momento in cui un evento sarà riconosciuto come tale, non sarà più discriminante sapere che sarà fisico, digitale o ibrido, ma sarà percepito come una risposta. Infine, sarà riconosciuto come una piattaforma in grado di generare cocreazione, il vero e proprio momento in cui le cose nascono, grazie all’interscambio di dati, informazioni, valutazioni di espositori, brand, visitatori, stakeholders, influencer.

Insomma dalla vetrina, alla accelerazione commerciale, fino alla vera e propria generazione di valore (che sarà declinato poi in algoritmi, machine learning e chissà cos’altro) che avrà un risultato di per sé grazie all’apporto costruttivo di tutti che solo lì potrà trovare l’humus adatto al suo sviluppo.

Certamente vista dalla prospettiva di oggi, con quartieri fieristici vuoti e manifestazioni rinviate, è una visione molto avanzata ed ottimistica, ma basta osservare la storia per capire che proprio nei momenti di rottura come questo, sono avvenuti i maggiori “salti” di schema, e il mondo degli eventi è proprio alla ricerca di questo. Solo i più pronti all’adattamento miglioreranno.

Commenti e confronto sempre graditi, ciao.


Maurizio Grosso

Responsabile Tecnico Commerciale Salone Nautico di Genova

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